Nella critica della ragion pratica si afferma che:
→ la legge morale è un «fatto della ragione», è incondizionata e universale e ha la forma del “comando” perché deve contrastare la sensibilità e gli impulsi egoistici
→ la ragion pratica coincide con la volontà che è la facoltà che permette di agire sulla base di principi normativi:
⇾ le massime, prescrizioni di carattere soggettivo
⇾ gli imperativi, prescrizioni di carattere oggettivo distinti a loro volta in:
imperativi ipotetici e imperativi categorici
→ l’azione è morale quando:
• è compiuta solo in vista e per rispetto del dovere
• soddisfa il principio di universalizzazione ampliato attraverso le tre formulazioni dell’imperativo categorico, che impongono di agire:
1. «Soltanto secondo quella massima che, al tempo stesso, puoi volere che divenga una legge universale»
2. «In modo da trattare l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo»
3. In modo tale che «la volontà, in base alla massima, possa considerare contemporaneamente se stessa come universalmente legislatrice»
→ la moralità richiede la conformità al dovere ma anche la convinzione interiore:
• in essa l’uomo si eleva al di sopra del sensibile delle leggi di natura
• su di essa si fonda la religione, infatti, le principali dottrine religiose sono postulati della ragion pratica:
⇾ l’esistenza di Dio garantisce la possibilità del sommo bene
⇾ l’immortalità dell’anima garantisce la realizzabilità del sommo bene
Commenti
Posta un commento